LA RESA DEI CONTI
Come ho investito 30 denari del bonus
di Carmelo Lucchesi
Lo ammetto: ho preso i 500 euro della “Buona scuola” per la formazione e l’aggiornamento di noi docenti e non intendo rispedirli al mittente. Eluse, senza eccessive esitazioni, le voluminose discussioni sull’argomento, ho intrapreso a spenderli. Conscio del dovere di rendere conto al mio datore di lavoro di come li ho usati, avvio l’opera pubblicamente e con qualche mese di anticipo. Preso dall’impeto rendicontatorio, provo a fare un bilancio anche degli effetti della spesa sulla mia formazione psico-pedagogica.
Approfittando del ponte dei morti, mi sono concesso un sardanapalesco soggiorno a Venezia al fine di visitare la Biennale Arte 2015. Quattro giorni, che tolti i tempi di viaggio e due giornate piene alla Biennale, hanno lasciato modestissime opportunità di perlustrare le beltà veneziane.
RENDICONTO ECONOMICO
Volo low cost Palermo-Treviso a/r |
80 |
4 biglietti per bus da e per aeroporti |
35 |
2 biglietti vaporetti a Venezia |
15 |
Alloggio in appartamento condiviso con 4 persone |
120 |
Vitto |
100 |
Biglietto Biennale per 2 giorni |
30 |
TOTALE |
380 |
Dei 380 euro spesi complessivamente il bonus ne copre solo 30: il 7.9%. Pazienza!
RENDICONTO FORMATIVO
Qui il terreno è un po’ più complesso. Intanto vediamo il livello di partenza. Laurea in Scienze agrarie (1982). Dieci anni di docenza alle medie in Educazione Tecnica e altri 20 nel sostegno. Era la mia prima volta alla Biennale Arte di Venezia, anche se ho nel curriculum le ultime due Documenta di Kassel. Ho anche visto un paio di volte l'episodio Le vacanze intelligenti (di e con Alberto Sordi) dal film Dove vai in vacanza? (1978): insuperabile compendio su quasi tutto quello che c'è da dire sull'arte dei nostri giorni. In sintesi, le mie competenze nell’ambito di cui trattasi (pittura, scultura, installazioni, video art) sono assai modeste ma mi sforzo di arricchirle: anche se non ho ancora predisposto un piano triennale di miglioramento.
E veniamo alla Biennale.
Innumerevoli le opere raccolte sotto l'intestazione All The World’s Futures dal curatore Okwui Enwezor. Ed ecco il primo granello di edificazione formativa che incamero: Enwezor è uno dei più importanti curatori d'arte contemporanea, consacrato con la direzione artistica nel 2002 di Documenta11; è nato nel 1963 in Nigeria, anche se dal 1980 ha studiato negli USA. Probabilmente sarà il rampollo di una ricca famiglia nigeriana: fatto sta che un africano è assurto a ruoli di rilievo mondiale da sempre appannaggio di progenie del mondo opulento. Anche un nigeriano può fare il curatore delle più importanti mostre d'arte del pianeta e le fa anche bene. Come per sue precedenti curatele, Okwui ha voluto dare un taglio alla Biennale Arte pluridisciplinare ed eminentemente politico. Così parlò Enwezor: «All the World’s Futures trarrà ancora una volta spunto dall’attuale 'stato delle cose' per sviluppare il suo progetto denso, frenetico ed esplorativo che verrà collocato in un ambito dialettico di riferimenti e discipline artistiche. La domanda principale posta dall’esposizione è la seguente: in che modo artisti, filosofi, scrittori, compositori, coreografi, cantanti e musicisti, attraverso immagini, oggetti, parole, movimenti, azioni, testi e suoni, possono raccogliere dei pubblici nell’atto di ascoltare, reagire, farsi coinvolgere e parlare, allo scopo di dare un senso agli sconvolgimenti di quest’epoca? Quali materiali simbolici o estetici, quali atti politici o sociali verranno prodotti in questo spazio dialettico di riferimenti per dare forma a un’esposizione che rifiuta di essere confinata nei limiti dei convenzionali modelli espositivi?".
Da qui la lettura dal vivo de Il Capitale” di Karl Marx: un brandello al giorno per tutti i sette mesi di svolgimento della Biennale. E ancora la vendita di detto libro nelle librerie della mostra. Ed ecco il secondo granello di edificazione formativa assorbito: in epoca di presunta morte delle ideologie – e di quella comunista in particolare – c'è qualcuno che ritiene ancora utile e attuale l'analisi marxiana sul capitale e la dispensa al mezzo milione di visitatori di una esposizione d'arte. Apprezziamo l'andar controcorrente del buon Enwezor.
Sgrossata la cornice, vado a riportare le salienti occasioni istruttive suscitate dall'accostamento a 3 opere.
Un paio di metri di gomena attorcigliata posta su di un supporto piano. Non so il titolo né l'autore. Una coppia sui sessanta e un ragazzino sui 10 anni. Il ragazzino: “E questo che sarebbe?" L'adulto maschio: “Un'opera d'arte.”, sottintendendo: «Ma è evidente». D'accordo, siamo dalle parti del film di Sordi, uscito nel lontano 1978 ma che mantiene intatta la sua valenza. Terzo granello di edificazione formativa acciuffato sotto forma di domanda: sarà che in campo artistico negli ultimi 40-50 anni è cambiato poco e siamo cambiati poco anche noi fruitori dell'arte contemporanea? Perché credo che la stessa domanda del ragazzino se la siano posta anche molti visitatori adulti.
Un grande tavolo quadrato, lungo il perimetro del quale sono disposti per un'altezza di una trentina di centimetri, numerose copie di un volume (con una banconota da 10 euro stampata in copertina e in quarta) che riproduce prime pagine di libri e periodici dell'ultrasinistra italiana degli anni '60 e '70; dentro questa cornice libraria, sparse sul piano del tavolo, vere banconote di 10 e 20 euro. L'opera si intitola From The Horde To The Bee, ne è autore Marco Fusinato.
Funziona così: il visitatore sfoglia i libri e se vuole può comprarne una copia versando 10 euro sul tavolo. Una telecamera controlla il bottino che periodicamente viene ammonticchiato da un addetto della Biennale, munito di rastrello da croupier. Una guida spiega al suo gruppo: “Marco Fusinato ha raccolto nel volume gran parte delle copertine della stampa prodotta in Italia negli anni Sessanta e Settanta da gruppi anarchici e antisistema. È possibile prendere una copia del libro versando 10 euro. La somma raccolta è destinata a finanziare un archivio per raccogliere, sistemare e conservare libri e periodici raffigurati nel volume?" Un'anziana signora del gruppo: “E il libro che valore ha?"; forse intendendo: “Il libro che adesso posso comprare a 10 euro è un'opera d'arte che ha (o potrà avere) un valore monetario maggiore di 10 euro?". Quarto granello di edificazione formativa assunto: il sistema mette in mostra e fa finanziare i reperti archeologici dei suoi più determinati antagonisti politici; li digerisce, li evacua trasformandoli in merce.
Dubbio: che abbia lo stesso senso la succitata operazione Il Capitale?
Ordinati a terra, 14.086 mattoni crudi, timbrati con tre ideogrammi cinesi che in italiano significano “non lavorate mai” ripresa da un graffito vergato da Guy Debord su un muro di Parigi, nel 1953. Titolo dell'opera Untitled 2015 (14,086); l'autore è l’artista tailandese Rirkrit Tiravanija. Il numero si riferisce ai mattoni necessari per costruire la più piccola casa familiare in Cina. Con questa installazione l’artista vuole esprimere l’esperienza da lui vissuta visitando la Cina, trovandosi ad assistere ai ritmi pressanti della produzione nelle fornaci per mattoni.
“I mattoni sono messi ad asciugare al sole, incisi con il motto dei Situazionisti, impacchettati e venduti ai visitatori da muratori-artisti, l’homo faber e non l’animal laborans (Tiziana Migliore). Il pezzo d’installazione acquistabile da ciascuno per 10 euro, vanno all'ISCOS, un'ONG della CISL che ci dice sul suo sito: “L'Istituto Sindacale per la Cooperazione allo Sviluppo è una ONG, che opera in oltre 20 paesi al mondo. Nasce nel 1983 dall’esperienza sindacale della CISL per promuovere azioni e programmi di cooperazione internazionale in coerenza con i propri principi fondativi: solidarietà, giustizia sociale, dignità dell’uomo, pace. Da anni ISCOS è impegnato nella Repubblica Popolare di Cina con progetti di aiuto all’attività delle organizzazione cinesi impegnate nella difesa dei diritti dei lavoratori. I soldi raccolti con la vendita dei mattoni andranno a finanziare un progetto per migliorare le condizioni di salute dei lavoratori occupati nel delta del Fiume delle Perle”.
Quinto granello di edificazione formativa introiettato: Nonostante Tiziana Migliore scriva di questa opera sul sito di Alfabeta2: “In questa forma d’arte che si produce dal vivo, con la cooperazione del pubblico, lo scambio economico è mantenuto, ma implica il consenso dell’acquirente-visitatore a un mercato per un’immobiliare paritaria e condivisa, che non sia immagine di diseguaglianze sociali. L’opera non è più un bene mobile privato”, mi resta il dubbio che (come abbiamo visto per l'opera di Marco Fusinato) l'acquisto del pezzo di installazione sia dovuto più ad un suo possibile apprezzamento che al desiderio di sostenere un progetto solidale. Dubbi permangono anche sul beneficiario: una branca della CISL ma ve lo immaginate il sindacato più governativo d'Italia, che ha stravenduto i lavoratori dipendenti e i pensionati da decenni, che diventa il paladino degli operai cinesi; e in aggiunta, a spese dell'inventiva situazionista! Povero Debord! Magari, pur di far dispetto ai comunisti, la Cisl in Cina è più radicale dei Cobas. Si riconferma il summenzionato dubbio sulle capacità digestive ed escrementizie del sistema.
Questo è quanto.
Resto in attesa di un preciso rendiconto degli atti di governo e di quelli legislativi relativi alla scuola e a tutto il resto, da parte di ministri e parlamentari.
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