FINO AD AVENTE DIRITTO

di Valerio Pezzoli

 

 

Tra le tante sigle o formule più o meno astruse che circolano per la scuola è da svariati lustri che il periodo autunnale porta una strana malattia… la “Nomina Fino ad Avente Diritto”.

 

Dal punto di vista burocratico è molto semplice:

·        settembre, andiamo è tempo di aprire le scuole, gli insegnanti a “tempo indeterminato” sono pochi, a volte meno del 50%, lo sa anche la UE che ci ha condannati (… e io pago…);

·        si fanno quindi un cospicuo numero di contratti non solo “a tempo determinato” cioè precari, ma a tempo determinato “indeterminato” cioè fino alla nomina dell’avente diritto;

·        l’avente diritto è quello che, tra quelli che accettano quel posto, è meglio piazzato nella graduatoria di istituto;

·        la graduatoria di istituto viene aggiornata in Novembre o giù di lì… perché? non si sa! ma sono un po’ di lustri che sembra brutto aggiornare le graduatorie in tempo per Settembre.

 

Premesso ciò, vi racconto la storia di Andrea e Maria (ovviamente nomi di fantasia) laureati in ingegneria e quindi con titolo valido per la classe di concorso A038 (insegnamento di Fisica nelle secondarie superiori) in una scuola della provincia appenninica.

 

Andrea (giovane precario già …anta) prende con entusiasmo il posto vacante che gli viene offerto, si butta a capofitto nell’insegnamento in 8 classi con 8 (o forse 7) programmi diversi e così procede fino al fatidico Novembre quando “scoppia il morbo” e non si può ignorare la carambola degli “aventi diritto”. Una scuola media, tra l’altro più vicina a casa, lo convoca il giovedì e gli offre un posto fino al 30 Giugno… prendere o lasciare… così su due piedi. Andrea è indeciso, si era trovato bene con le classi e - anche se il lavoro è impegnativo - la sfida gli sta piacendo e ci sta investendo molte energie. Però sa anche che non è piazzato bene nelle graduatorie delle scuole superiori e che quindi ci sono molti “aventi diritto” piazzati prima di lui che potrebbero prendere il suo posto e lasciarlo di nuovo disoccupato. Prova timidamente ad interloquire con la segreteria che lo sta chiamando: “Ma non possiamo aspettare sabato? Sabato è la scadenza per la scelta nell’istituto superiore, così vedo se… per sbaglio… mi rimane il posto”. La risposta è lapidaria: “ No, ci dispiace, prendere o lasciare”. E' curioso il fatto che le norme sono le stesse, le procedure dovrebbero essere le stesse, ma evidentemente ogni scuola fa come gli pare e Andrea si trova incastrato in questi ingranaggi dell'autonomia. Deve scegliere… E, ragionevolmente, sceglie la scuola media, il posto che  gli garantisce la retribuzione. A questo punto, con il morale sotto i tacchi, completa il servizio fino a sabato nella scuola superiore e, facendo una gran “tirata”, riesce a completare i compiti in classe per quasi tutte le classi che abbandona e a correggerli. Qualcuno pensa “ma chi te l’ha fatto fare?”, ma Andrea è così, aveva dell’entusiasmo e allievi e allieve gli volevano bene.

 

Passiamo a Maria. E' precaria, un po’ più giovane a livello anagrafico e un po' più anziana “scolasticamente”. Maria ha una “nomina fino ad avente diritto” in una scuola di città su un posto strano, ad orario parziale, occupato da un’assegnazione provvisoria che però è assente (cioè una supplente di un supplente per un posto che c’è ma non risulta). Ha più punti di Andrea e, presa al volo qualche informazione, sceglie questo posto in provincia. Quando arriva si rende conto in fretta che il posto è impegnativo, il viaggio anche, e forse la maggior remunerazione non remunera il disagio. Ma ormai la scelta è fatta, così è, ed è qui “fino al 30 Giugno”. Nonostante tutto si immerge nel lavoro, si mette in gioco; ma, anche se si fa ben volere in fretta, rimane “quella cattiva che ci ha mandato via il prof a cui volevamo tanto bene”.

 

Maria ha una recriminazione: forse si è lasciata depistare dai suoi informatori.

Andrea ha due recriminazioni: ha dovuto mettere i voti sul registro senza discuterli con allieve e allievi e... ha “rubato” il posto ad una cinquantenne madre di famiglia che da settembre lavorava nella scuola media.

 

Non male come percorso di autoistruzione per insegnanti precari che, oltre a portare a casa lo stipendio, stanno cercando di capire cosa è la scuola italiana. Ma… per fare una “Buona scuola”, non era meglio risolvere questi problemi?