I CONTRASTIVI

la redazione

 

Le recenti rivelazioni sull'entusiasmo dell'Associazione Nazionale Presidi per le possibilità insite nella Legge 107 di "non avere le mani legate rispetto ai docenti contrastivi" ci hanno suggerito di ripresentare il testo “Lo sfogo” di Enrico Paselli, pubblicato nel 2006 nel libro “Quando suona la campanella”

 

 

LO SFOGO

di Enrico Paselli

 

Starsene a casa. È così semplice.

Perché non gli viene in mente di togliersi dalle balle? Con tutte le garanzie rimaste in giro potrebbe farlo in qualsiasi momento, nessuno fiaterebbe… «stress psicofisico», e la natura intera tirerebbe un sospiro di sollievo. Io soprattutto, che di ‘sta gente non ne posso più. Ormai dovrebbero cambiarmi di qualifica: esperto nella liquidazione indolore delle carcasse, agente disincrostante: una sorta di Mastro Lindo delle stratificazioni anni Settanta.

 

Confinarli a scuola è un’impresa. È sempre più difficile smistarli dietro gli scaffali delle biblioteche, non ci sono soldi; anche i progetti che chiedevano di portare avanti con gli extracomunitari non li finanziano più, per cui te li ritrovi in classe, stronzi e frustrati per quel mondo che odiano e che si afferma giorno dopo giorno trasformandoli in reduci. Sopravvivono nelle loro aule e nei Collegi, per mesi in silenzio, sembrano paghi della nicchia ecologica che hanno mantenuto; si mostrano innocui. E invece quando annusano una strettoia, zac! si piazzano di traverso tirandosi dietro la «palude» del Collegio docenti e bloccano ogni buona idea e i rari tentativi di cambiare questa scuola antiquata, stagnante e sonnolenta.

 

Perché gli vanno dietro! Non sempre; anzi, sempre meno di frequente. Eppure quando pensi di aver impostato un modo diverso, più efficace di muoverti in questo mastodonte improduttivo di scuola dello stato, eccoli che riemergono all’improvviso, tra i denti la mozione che blocca tutto in nome di qualche demenziale principio di democrazia o di «Cultura». E allora tutti dietro, tutti in nome della purezza, della didattica disinteressata, dei sogni. Tutti pronti a cassare con la manina alzata ogni pensiero che sa di novità, di efficienza. La confraternita dell’Utopia.

 

Certo che finché le idee veramente buone finiscono sepolte nel cassetti in attesa di tempi migliori, nessuno si aspetti il vero decollo… briciole, continueremo a rimanere amministratori di briciole, magari talentuosi e creativi, ma sempre di molliche si tratta. E che ci fai con le molliche? Istituto Onnicomprensivo Pollicino!

 

Oggi è il tetto alla Coca-Cola che salta con i suoi 10.000 euro, due mesi fa l’accordo con la Caterpiller per gli stages in cambio delle docenze gratuite. Anche la Conad lo scorso anno, stessa cosa: avrebbe coperto tutti i soldi che ci mancavano per terminare i murales e invece «no grazie», neanche quelli vanno bene, perché si sentivano sporcati dal marchietto. E così i dipinti vanno a puttane e l’anno dopo ti ritrovi con il 20% di iscrizioni in meno. Ma il capolavoro è stato il protocollo con le case farmaceutiche.

Mica eravamo noi a spingere, l’aveva suggerito un genitore in Consiglio di Circolo! Una volta che esce una buona idea e un buon intermediario!

 

«Ce ne sarebbero a decine di laboratori pronti a versare nelle casse della scuola migliaia di euro». E in cambio non chiedevano, elargivano! Semplici servizi che avrebbero reso entusiasti studenti e genitori e ci avrebbero fatto pubblicità: testare vitamine, raccogliere dati sulla crescita e sugli apprendimenti… tutte cose innocue, come assaggiare i gelati gratis in cambio delle domandine sui gusti… Decine di scuole pagherebbero per farlo. Ebbene? Neanche per sogno! Guardano quel genitore come un mostro, il biologo universitario che propone esperimenti sui propri figli. Alla fine manco si vota. Ma non sono mai loro a pagare, a perdere la sede di insegnamento; no, perché ormai sono fossili, hanno accumulato un’anzianità insuperabile che ce li assegna a vita. E a vita ci romperanno le palle sui fondi aggiuntivi, con quelle proposte di spartizione che nemmeno nei soviet avevano il coraggio di fare.

 

Per fortuna sui fondi girano a vuoto. Lì infatti la strada è talmente spianata che solo la rivoluzione potrebbe ridargli speranze; eppure non si rassegnano, ogni anno, te li ritrovi in assemblea che lanciano proclami alla Pancho Villa sulla riforma dei fondi d’istituto. Ma qui ormai la rete dei piccoli interessi è cresciuta e ognuno ha trovato il proprio equilibrio: l’alleanza tra chi non gliene frega nulla, chi vuole i suoi spiccioli e chi si organizza i pacchetti di euro ha messo radici. Poche briciole distribuite con oculatezza bastano ormai per farli girare a vuoto...

 

Ah, ecco, si è liberato. È permesso? Si, la Commissione Autonomia Finanziaria. Come? Si, vado io a chiedere il caffè ai bidelli, certo signor Preside…