PARROCI
di Gianluca Gabrielli
Primavera del 1952. Il fronte della guerra di Corea si è ormai stabilizzato e il mondo è diviso dalla cortina di ferro della Guerra fredda. Anche San Pietro in Casale, nella pianura bolognese, sta nel mondo e si vive le sue tensioni. Nara Boriani, maestra in servizio nella direzione didattica, accetta - forse per arrotondare lo stipendio, forse perché crede nell'utilità del suo compito - di insegnare nella costituenda scuola festiva di Gherghenzano, frazione di San Pietro.
La formula della scuola festiva, come quelle estive, serali e popolari, era un'istituzione dalla lunga storia, ed era stata ripresa nel secondo dopoguerra per dare l'opportunità a contadini e operai di recuperare l'istruzione elementare senza dover abbandonare il lavoro. Si trattava di palliativi rispetto al problema dell'analfabetismo strutturale diffuso; ma ugualmente, per chi decideva di iscriversi, queste scuole provvisorie e saltuarie potevano costituire importanti occasioni di parziale emancipazione e di accesso alla letto-scrittura e ad elementi di cultura generale.
Tornando a Gherghenzano, la maestra Boriani accetta e si mette al lavoro per formare la sua classe. Sì, al lavoro, perché insegnare in una scuola festiva significa andare a formarsi la classe, cercando i lavoratori dove stanno. E' il direttore didattico che le consiglia di passare dapprima nella scuola di Gherghenzano per avvisare la maestra capo-gruppo (in modo che la notizia passi dagli allievi delle classi ai loro genitori) e di andare dal capo-lega, “quale persona più a contatto con gli operai e in grado di svolgere una adeguata opera di persuasione a frequentare la scuola”. Solo che il capo-lega Ernesto Orsani non è più in carica da qualche tempo, e al sindacato dicono alla maestra che un nuovo capo-lega non è ancora stato eletto; così non resta che andare la mattina successiva da Orsani che - spiega la maestra - “s'interessò della cosa e s'impegnò a fornirmi il nome degli aderenti”. A questo punto la scuola può iniziare con i 15 operai-studenti segnalati da Orsani, cui si aggiungono in seguito altri cinque allievi.
Dopo qualche settimana di lavoro però arriva al Provveditore agli studi della provincia un esposto. E' firmato dal Parroco di Gherghenzano che “denuncia [...] la procedura illegale tenuta dalla maestrina [!!!] Boriani Gianna [in realtà Nara] nell'organizzare [...] la scuola popolare, serale e festiva, con diretti accordi presi col capo lega comunista di Gherghenzano, proprio nel momento in cui era stato esautorato dalle sue funzioni di collocatore e messo su un piano di illegalità per quanto riguarda le usurpate mansioni di rappresentante degli operai”. L'accusa è di fare un uso politico della scuola: “Questi [Orsani] diede consegna agli elementi che frequentano il doposcuola [!!!] che considerano come cosa di lega e di partito”.
Il Provveditore non può certo fare a meno di chiedere informazioni, e allora la maestra (e il Direttore didattico) presentano la loro versione dei fatti. La maestra racconta che dopo alcune settimane di scuola viene avvertita “dagli alunni stessi” che “il Parroco, nel corso di una predica, aveva parlato in modo poco favorevole della scuola festiva definendola una scuola di fazione e consigliando gli alunni a non frequentarla”. Al che si reca dal parroco per avere una spiegazione di quelle parole e chiarire l'equivoco, ma il parroco rimane della sua idea, che la scuola “era politica perché io [la maestra] mi ero rivolta all'ex capo lega e perché frequentata in prevalenza da comunisti”. Secondo il parroco la maestra avrebbe dovuto rivolgersi all'ufficio di collocamento, ma dalla maestra - che cita informazioni avute da persone del luogo - apprendiamo anche che il parroco stesso in precedenza “aveva tentato di istituire una scuola per adulti, ma non aveva avuto adesioni”. Ovviamente l'uomo di chiesa “concluse minacciando di provocare la chiusura della scuola”. Pur in assenza di accuse sulle pratiche didattiche tenute a scuola, la maestra precisa che “gli alunni frequentano le lezioni con molta serietà e interesse” e prosegue: “avendomi dimostrato i loro timori circa la minaccia di chiusura della scuola espressa dal Parroco, li ho tranquillizzati facendo loro osservare che se saranno assidui e volenterosi non vi saranno motivi per sospendere il corso”.
Anche il Direttore didattico che inoltra la risposta della maestra Boriani al Provveditore conferma di aver consigliato lui stesso di rivolgersi anche al capo lega “non potendosi prescindere, in questi casi, dall'interessamento di coloro i quali, avendo continui rapporti coi braccianti, sono in grado di raccogliere il maggior numero di adesioni”; in quanto al parroco, “evidentemente non si è reso conto cje [sic] la scuola, superiore ad ogni divergenza di ordine politico, non può perseguire che fini scolastici, cioè morali ed educativi”.
Tutto chiarito dunque: una piccola battaglia di egemonia culturale tra la chiesa locale e la scuola dello Stato. Motivo del contendere: l'apertura di una sezione rivolta ai braccianti, che in quel contesto agricolo sono organizzati sindacalmente nella lega e politicamente nutrono simpatie comuniste. Il Provveditore, ricevute le spiegazioni dal Direttore didattico e dalla maestra, scrive un'ultima missiva al Direttore pregandolo di “parlare personalmente al parroco onde fargli presente l'inopportunità delle sue lamentele”. La scuola festiva rimane aperta e la maestra Boriani può tornare a dedicarsi all'insegnamento.
Altri tempi. Oggidì può capitare, invece, che un Consiglio di Istituto promuova la benedizione pasquale dei locali scolastici. Poi, di fronte al dubbio di legittimità sollevato da genitori e insegnanti, lo stesso Consiglio decida di anticipare lo svolgimento del rito rispetto al giorno del pronunciamento del giudice del Tribunale amministrativo regionale, giustificando la scelta con gli inderogabili impegni assunti precedentemente dai parroci. O tempora, o mores.
Le citazioni sono tratte dal carteggio conservato in AdS-BO, fondo Provveditorato agli Studi di Bologna, Serie III, b. 33, fasc. Scuole festive 1951-52
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