SCUOLA DEI CITTADINI O SCUOLA DI TUTTI?
Il Consiglio di Stato sulle Indicazioni di Valditara
di Redazione
Il Consiglio di Stato “sospende l’espressione del parere”.
Così si chiudono le 16 pagine di commento della Sezione dell’organo dello Stato sulle nuove Indicazioni di Valditara e sui documenti di accompagnamento, rese pubbliche il 17 settembre 2025. Non era certo scontato, anzi, i più pensavano ad rapida una ratifica burocratica; invece i rilievi sono talmente numerosi da rispedire al mittente l’incartamento in attesa di una presentazione più consona. I punti critici che hanno prodotto la sospensione del processo di approvazione del testo sono numerosi; vediamoli in sintesi.
Il CdS richiede prima di tutto “una specifica integrazione sotto il profilo della valutazione in concreto della coerenza del nuovo testo con [gli] atti dell’Unione europea”, poiché allo stato delle cose ritiene di poter fornire solo una “incompleta e inadeguata” analisi del testo.[1] Inoltre segnala che la relazione tecnica e la valutazione di neutralità finanziaria “non risulta validata” e “talune delle indicazioni formulate sollevano il dubbio circa l’effettiva disponibilità di mezzi e risorse per il conseguimento degli obiettivi delineati”. [2]
Rispetto alle “necessità di sostituzione delle Indicazioni nazionali” illustrata negli Obiettivi dell’intervento e analisi di impatto della regolamentazione (AIR) “la Sezione osserva – di là da taluni più puntuali rilievi formulati di seguito – che, in generale, l’analisi di impatto della regolamentazione appare, per molti rispetti, inadeguata allo scopo”[3] cioè ad “assolvere adeguatamente alla sua funzione analitica – senza risolversi in mera riformulazione parafrastica del testo della proposta normativa o, nel migliore dei casi, in inutile duplicazione del tratto illustrativo affidato alla distinta relazione di accompagnamento”[4]: in pratica il Ministero ha affermato la necessità di sostituire le Indicazioni attualmente vigenti senza spiegarne le ragioni!
Il CdS prosegue specificando le “lacune”: “Non sono, in particolare, evidenziati, e dimensionati in modo da evidenziarne la significatività, (di là dalla non decisiva, ancorché pertinente, sintesi statistica sui numeri dell’organizzazione scolastica), i cambiamenti di rilievo e le concrete dinamiche evolutive riscontrate nel sistema formativo nell’arco temporale della vigenza delle Indicazioni approvate nell’anno 2012; non sono, a tal fine, analizzati, con tratto non sgranato ed anche alla luce dei lavori della commissione all’uopo istituita, i concreti e decisivi fattori economici, sociali, storici e culturali che hanno indotto ad una valutazione di (parziale) inadeguatezza dell’attuale assetto regolatorio; non emergono – nel contesto di una complessiva, rinnovata ed indistinta illustrazione del contenuto delle Istruzioni elaborate – le indicazioni inerenti le ragioni delle singole, diffuse e specifiche modifiche introdotte, in base ad una circostanziata e misurata valutazione di inadeguatezza, sotto in singoli profili considerati, dello status quo”. Insomma: non emergono dai documenti valide ragioni per mettere mano alle Indicazioni 2012, se non la tautologica volontà di cambiarle!
Tra le finalità dell’intervento è citata “la rigenerazione del paradigma formativo”, formulazione che il CdS ritiene di fatto “per un verso alquanto ambiziosa” che “non trova di fatto riscontro, per altro vaga ed indefinita”. Allo stesso tempo “l’insistito riferimento alla ‘dispersione digitale’ appare, di per sé, poco chiaro”.[5]
Il CdS è invece molto chiaro: “In definitiva, i rilievi che precedono sollecitano – nella prospettiva della erogazione del parere richiesto a questo Consiglio – una rinnovazione complessiva dell’analisi preventiva di impatto, senza pregiudizio di una coerente ed eventuale riscrittura (nelle parti per le quali ciò possa prospetticamente ritenersi necessario od opportuno) del testo delle Indicazioni, i cui esiti andranno trasfusi nella relazione illustrativa”.[6] In pratica si chiede di riscrivere le motivazioni e anche di rimettere mano al testo delle stesse nuove Indicazioni.
Ma le critiche non si fermano qui. Più avanti leggiamo anche che “non sono riportati dati per la scuola dell’infanzia”; che “si constata una disomogeneità temporale dei dati espressi nelle tabelle”; che “si nota inoltre che il settore dell’editoria non è menzionato nella platea dei destinatari”.[7] Vi sono “concetti che non trovano un puntuale riscontro nelle Indicazioni proposte, quali ad esempio quelli di dimensione ‘glocale’ e di cittadinanza ‘storica’”. Non sono poi “indicati gli strumenti con i quali si intende raggiungere la valorizzazione della “intera comunità educante [...] nonché gli indicatori della stessa valorizzazione”.[8] Traduciamo: un lavoro abborracciato quello della Commissione Perla che si è ostinata a non tenere conto delle tante critiche circostanziate e ha partorito un testo pieno di incoerenze e concetti fumosi.
Il CdS segnala anche che la richiesta di modifica dell’impostazione della disciplina “storia” avanzata dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) è andata a vuoto e il diniego del Ministero è stato giustificato con la “facoltà che rientra nelle prerogative dell’Amministrazione definire struttura e impostazione delle discipline”, senza spiegare – al di là della constatazione – le ragioni della scelta. Nessuna considerazione nemmeno “in merito alle perplessità esposte dal CSPI circa l’insegnamento del latino per l’educazione linguistica (LEL)”.[9] In pratica il Ministero ha risposto al Cspi: noi facciamo quello che ci pare e non dobbiamo spiegazioni!
Il Consiglio di Stato nota anche il caos relativo ai criteri con cui l’applicazione delle nuove Indicazioni dovrebbero entrare in vigore, con l’assurdità riferita alla disciplina storia per la quale è previsto un calendario diverso da tutte le altre discipline, poiché nell’anno scolastico 2027/2028 le classi terze di scuola primaria ne anticiperebbero l’adozione.[10]
A queste critiche di sostanza se ne aggiungono numerose altre relative alla correttezza amministrativa e linguistica (dimenticanze, refusi, ecc. - incredibile!)[11] tra le quali svetta per inconscia sincerità il riferimento ai soli “cittadini” a pagina 12 delle Indicazioni, da modificare con il lemma “tutti” per renderla coerente “con l’art. 34, primo comma, della Costituzione”: “La scuola è aperta a tutti” e non ai soli cittadini.[12] L’ostilità profonda per le numerose e i numerosi piccoli italiani senza cittadinanza trasuda da tutto il testo di queste Indicazioni assimilazioniste e arriva a contraddire persino il dettato costituzionale!
[1]Consiglio di Stato, parere relativo allo schema di regolamento recante «Indicazioni nazionali della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione», n. 00829/2025, adunanza 9 settembre 2025, p. 3.
[2]Ivi, p. 4.
[3]Ivi, p. 6.
[4]Ivi, p. 7.
[5]Ivi, p. 8.
[6]Ibidem.
[7]Ivi, p. 9.
[8]Ivi, p. 10.
[9]Ivi, pp. 10-11.
[10]Ivi, p. 13.
[11]Ivi, p. 12 e 14-15.
[12]Ivi, p. 14.