SCUOLA A PUNTI

di Enrico Paselli

 

 

Buongiorno, sono l'insegnante referente della mia scuola per le raccolte punti. Sono anni che svolgo questa funzione e all'inizio venivo incentivata con il fondo d'istituto. A quel tempo ricordo che i colleghi mi prendevano in giro, mi chiamavano la maestra Conad, ma ora le cose sono cambiate parecchio, i colleghi stanno zitti. Finalmente lo scorso anno la dirigenza si è accorta che ricopro un ruolo fondamentale, al centro dello snodo scuola-famiglia, e mi ha incentivato con il bonus premiale del merito, affiancandomi per il nuovo anno due colleghe completamente alle mie dipendenze. Ora il nostro lavoro è riconosciuto, siamo stimate per quello che facciamo e per quanto diamo alla scuola. Ci occupiamo di tutto, dai contatti con le aziende alla sistemazione dei manifesti, fino alle registrazioni in segreteria: un lavoro duro ma gratificante, soprattutto un lavoro utile.

 

All'inizio era difficile, poche aziende ci credevano, la maggioranza pensava che non fosse conveniente. Allora i manager erano all'antica, volevano la sponsorizzazione diretta, la targhetta in ottone fuori dall'ufficio della preside... gratificazioni novecentesche. Quando chiedevi loro un appuntamento te lo negavano, oppure ti ascoltavano svogliati e ti stoppavano dicendo che nessuno avrebbe riorganizzato i propri acquisti in funzione dei premi, tanto più se i premi erano per la scuola e non per chi raccoglieva i punti. Per i primi anni quindi è stato difficile, bisognava cambiare la mentalità, far capire che le porte si potevano aprire. Poi, per fortuna, qualcosa è cambiato.

 

Dai miei ricordi Dixan è stata la prima, ma era ancora troppo legata al vecchio sistema, arcaico... Allora veniva indetto un concorso, dovevi convincere l'insegnante e poi fargli fare dei lavori in classe, c'era tanta burocrazia e non eri certo del tornaconto. Il nostro lavoro di facilitatori era poco coinvolgente e spesso infruttuoso: quando ti andava bene partecipava una classe ogni due scuole. L'effetto per l'azienda era ancora molto limitato: infatti alla fine i bambini che partecipavano non si ricordavano nemmeno quale era il prodotto pubblicizzato, figuriamoci se lo dicevano alla mamma e se poi la mamma andava a comprare il prodotto! Quindi la ricaduta sugli acquisti era praticamente nulla, molta fatica per un risultato irrisorio.

 

Da allora però è passata molta acqua sotto i ponti. La svolta è arrivata dal ministero, dalla loro determinazione a cambiare strada, ad aprire con forza e a crederci fino in fondo. Ora la Direzione Generale per la Politica Finanziaria e per il Bilancio lavora con noi a moltiplicare questi accordi, gente che si impegna per metterci nelle migliori condizioni per agire. Altro che maestra-conad, oggi c'é Esselunga, Coop, Famila, Del Giudice, Comet, A&O, Bennet, Milgros supermercati, Mc Donald's, Elite, Emi, Galassia, Maxisconto, Mega, Mercatò, Pan...

 

E poi il nuovo sistema è molto più redditizio, per noi scuole e per le aziende. È sufficiente che la ditta regali qualche schermo televisivo o computer che diventa partner ufficiale della scuola pubblica: è convenientissimo, basti pensare che se ci prova con la nazionale di pallamano o di hockey le tocca sborsare milioni fitti, mentre la scuola pubblica ti fa l'accordo per poche stampanti e qualche pennarello. L'effetto poi è profondamente diverso dal passato: qui insegni a consumare per raccogliere punti per la tua scuola, convinci i genitori che, facendo la spesa lì piuttosto che là, sostengono la scuola dei loro figli. Sono gli stessi bambini che tirano per la giacca e la gonna i genitori a fare shopping perché l'ha detto il maestro oppure perché hanno visto il compagno di classe. E poi arrivano a scuola con i punti nelle mani e corrono a versarli nelle grandi urne-obelisco all'ingresso dei plessi. Quindici anni fa facevamo fatica ad ottenere il permesso di attaccare il bando della Dixan sulla porta a vetri, ora sono gli stessi maestri che ci chiedono i manifesti delle aziende per incentivare la raccolta.

 

L'altra mattina davanti alla scuola elementare ho assistito ad una scena che mi ha commossa. Papà e figlia arrivano dandosi la mano e, quando mancano pochi metri all'entrata, la piccola alza lo sguardo verso il padre e sorride. Allora il genitore apre la borsa da lavoro ed estrae i buoni; fa l'atto di darli ma poi... rialza la mano per chiedere l'attenzione e lo sguardo della piccola eccitata; le dice qualcosa, quindi si protende verso di lei che risponde dandogli un bacio. Solo allora consegna nelle mani della figlia i buoni e la guarda orgoglioso mentre corre dentro il cancello ed infila, attorniata dai compagni in festa, i tagliandi nell'urna. Quando da referente assisti a queste scene pensi che tutto il lavoro in più, tutta la fatica non te la sobbarchi certo per i soldi, ma per queste soddisfazioni, per accorgerti come il tuo attivismo penetra nelle relazioni affettive ed umane e dà loro un'impronta; essere referente delle raccolte punti è il mio modo per migliorare la nostra scuola e il mondo.

 

Infatti certe volte mi metto a pensare agli effetti invisibili del mio impegno, quelli sui sentimenti umani delle persone che si muovono intorno alla scuola e ne vengono modificate. Ho un po' di pudore a dirlo, ma mi immagino una specie di materializzazione dei sentimenti che si producono e vengono scambiati tra le persone. È come un affresco da sogno: vedo gli amici responsabili locali delle aziende colorarsi, ogni azienda di un colore diverso... Quelli dell'Esselunga mi vengono sempre verdi, quelli della Coop viola, i Comet sono gialli, e così via. Me li vedo venire a stringermi la mano e a sorridermi, a darmi pacche sulle spalle, carichi di lavagne multimediali e di stampanti a getto d'inchiostro, di gessetti colorati e di flaconi di tempera. Poi mi dicono di girarmi, e allora volgo il capo verso la scuola e vedo i colleghi con le magliette delle varie aziende, come calciatori o motociclisti, che sorridono anch'essi, con le mani piene di buoni; anche loro si muovono verso i bambini e i genitori, danno loro i buoni, e per incanto anche i bambini e i genitori si colorano di verde, viola, giallo, compaiono i marchi dei brand sulle braccia, sui cappottini, sugli zainetti rigonfi, e tutti insieme entrano in una scuola piena di insegne luminose, colorata, colma di materiali tecnologici come mai era stata... Un sogno.

 

Non sono però tutte rose e fiori. Oggi il problema è dato dal sovraffollamento e dalla frammentazione. Noi infatti che siamo in una grande città assistiamo ad una concorrenza spietata tra i diversi marchi... L'ufficio ministeriale ha praticamente regalato questa convenzione a tutte le ditte che la chiedevano, così ci troviamo scuole in cui la situazione è passabile e ci sono solo due o tre urne all'entrata, mentre altre ne hanno fino a sei e non sappiamo più dove piazzarle. Io sarei per una politica del partner preferito: scegliere un marchio per ogni genere di merce - magari contrattando direttamente noi qualche vantaggio con la filiale locale - e poi piazzare le urne concorrenti dove capita, senza metterci troppi problemi; il dirigente dice però che non sarebbe democratico, che poi dall'alto ci potrebbero fare storie. Il risultato è che anche i genitori sono poco incentivati ad impegnarsi, il potere d'acquisto viene frammentato su diverse raccolte e alla fine non riusciamo a portare a scuola che schermi da 20 pollici e pennarelli... Alcuni ti regalerebbero lezioni con 600 punti, ma a malapena arrivi a 300... Che ci fai? È uno spreco.

 

Il futuro può essere davvero fantastico, ma occorre fare ancora un piccolo sforzo. Non possiamo più accontentarci di oggetti, dobbiamo chiedere di più a queste grandi aziende. Noi insegnanti fino ad oggi siamo stati dei tramiti, degli anelli di collegamento tra le merci e l'attivismo delle famiglie e dei bambini. Ma possiamo diventare protagonisti noi stessi, possiamo partecipare in maniera attiva. I cataloghi-premio delle aziende ormai non elencano solo oggetti e materiali, ma offrono didattica. Percorsi formativi di educazione al consumo, di cittadinanza, laboratori sulle materie scolastiche, sulle competenze, approfondimenti in vista delle prove invalsi... Insomma, non è solo una questione di pubblicità, ma è l'occasione per affidarsi a veri esperti di didattica, per attivare aggiornamenti indiretti predisposti da manager che conoscono bene il mondo del lavoro. Noi docenti ormai non siamo più quelli che si leggono i libri e poi preparano le lezioni, pratiche che potevano andare bene una volta, quando l'idea del sapere era ancora statica, quando l'idolo del pensiero critico spingeva i colleghi in classe a preparare percorsi per decodificare le pubblicità e per criticarle. Oggi le pubblicità siamo noi. Oggi a nessuno più verrebbe in mente di mettere in discussione una raccolta punti per gli effetti che proietta sui bambini. Dobbiamo avere la forza e il coraggio di fare il grande salto. Ormai l'epoca è matura: facciamoci aggiornare dai pubblicitari delle aziende, accogliamoli con noi nelle classi, trasferiamo le nostre scuole nei supermarket!