ORGANICO DELL’AUTONOMIA E SCUOLA-AZIENDA Riflessioni sulla nuova divisione del lavoro nella scuola                     di Luca Castrignanò

Vista la confusione e il disorientamento provocati dalla sconfitta del tentativo referendario e dalla concreta applicazione di quanto previsto dalla Legge 107 è necessario aprire il campo alla riflessione sulle trasformazioni in atto . Quella che segue è in gran parte frutto di una discussione seminariale svoltasi presso la sede Cobas di Bologna e ha come tema specifico una delle questioni cardine della nuova organizzazione della scuola: il cosiddetto organico di potenziamento.

 

L’organico di potenziamento è assegnato alle scuole in aggiunta all’organico di sostegno e su posti comuni. L’insieme di queste risorse costituisce l’organico dell’autonomia da utilizzare per raggiungere gli obiettivi previsti nei piani triennali dell’offerta formativa.

 

Dal corrente anno scolastico l’insieme delle risorse è assegnato come organico alle scuole prima dell’inizio dell’anno e diventa perciò il primo e fondamentale campo di intervento gestionale. I vecchi criteri di assegnazione alle classi deliberati dagli organi collegiali – unico parziale argine al potere dei dirigenti di decidere in materia di assegnazione alle classi- risultano inadeguati a comprendere (nel senso anche di tenere insieme ) la nuova situazione. Il principio cardine di tali criteri è ovunque la continuità didattica e – anche concedendo che sia rispettata da ogni dirigente - lascia evidentemente fuori dal campo tutti coloro che rientrano nell’organico di potenziamento, o meglio tutte le ore-lavoro disponibili, eccedenti l’attività curriculare di docente di classe prevista dagli ordinamenti. E’ questo il primo dato di consapevolezza da cui dobbiamo partire: non ci sono delle solide ancore di resistenza cui attaccarsi, il campo dell’organizzazione del lavoro in ambito scolastico va ripensato.

 

La nota ministeriale del 5 settembre 2016 afferma in modo chiaro che non esiste alcuna differenza contrattuale tra docenti curriculari e docenti di potenziamento e che tutti confluiscono insieme a quelli di sostegno nell’organico : i docenti assegnati alle scuole entrano tutti a far parte di un'unica comunità di pratiche che, guidata dal dirigente scolastico nel pieno esercizio delle competenze previste dal D.Lgs 165/01 e nel pieno rispetto delle attribuzioni degli Organi Collegiali riconosciute dalla vigente normativa, progetta e realizza le attività, ottimizzando le risorse professionali disponibili.

 

Si tratta del più consistente passo avanti nella direzione della aziendalizzazione della scuola operato dai tempi di Berlinguer. Ogni dirigente è chiamato a gestire “le risorse umane” a sua disposizione, può e deve farlo in modo flessibile con l’unico obiettivo di raggiungere i risultati prefissati nel Piano di miglioramento (che rimane la cornice strutturante, impositiva e di controllo entro cui i poteri dirigenziali sono chiamati ad espletarsi). Gestione delle risorse umane – con diritto alla chiamata diretta “per competenza” di una parte del personale- e flessibilità: la scacchiera entro cui sono chiamati a muoversi i/le lavoratori/trici della scuola dunque prevede la possibilità di essere curriculare, potenziatore o entrambe le cose, senza che tra queste funzioni si ponga una chiara e definita distinzione normativa.

 

A questo riguardo è bene chiarire un punto che è stato oggetto di fraintendimenti. La questione dell’organico di potenziamento è distinta da quella dell’incarico triennale, cioè della grave frattura che ha privato una parte dei/delle docenti della titolarità della sede imponendo loro un contratto di durata triennale con la scuola. Tale frattura dell’unitarietà dello status giuridico non corrisponde a quella tra organico su posto comune e posto di potenziamento, potranno infatti esserci docenti “triennali” curriculari come docenti “triennali” potenziati e lo stesso per quanto riguarda i/le docenti titolari su scuola.

 

Chiarita questa premessa si tratta di capire se abbia senso per noi una distinzione tra i posti comuni e i posti di potenziamento, sulla base di un presunto diritto dei docenti “storici” di una scuola a svolgere tutte le ore in classe come insegnanti titolari. Tale distinzione è stata infatti rivendicata da alcuni nei mesi scorsi come una forma di tutela dei singoli docenti di fronte all’ingerenza dei/delle dirigenti, che potrebbero loro imporre nuove modalità flessibili di espletamento degli obblighi di lavoro.

 

Il primo evidente limite di questa posizione consiste nel fatto che tutela solo una parte della categoria. Ne sono di fatto esclusi tutti i/le docenti su potenziamento per i quali si prospetta la ripetizione dell’esperienza dello scorso anno, lo scandalo dei docenti senza registro, declassati; non si può ignorare che la rivendicazione di un “diritto alla cattedra curriculare” produce di fatto quella situazione, perché l’organico della scuola eccede quello su posto comune.

 

Forse basterebbe questa sola constatazione a mettere in evidenza l’improponibilità di un modello di azione che implica la divisione e gerarchizzazione del corpo docenti, ma ciò che va problematizzato è la questione stessa dell’organico, su cui siamo intervenuti negli anni passati per denunciare i tagli alla scuola pubblica. Ciò è avvenuto anche attraverso la saturazione delle cattedre (cioè la scomparsa delle ore a disposizione) e ora non possiamo certo trovarci a rivendicarla, come se – siccome non è stato accolto il principio + organico + classi (con meno alunni) - i/le docenti in più fossero una sciagura, perché costituiscono una minaccia della qualità e del ruolo docente. La precarizzazione del lavoro docente è l’altra faccia dell’ampliamento dell’organico e per questo è necessario cercare vie d’azione praticabili che consentano di contrastare la precarizzazione e al tempo stesso tutelare i nuovi posti di lavoro.

 

La trasformazione in atto è ampia e sistematica, è la realizzazione di un modello aziendale che fornisce ora risorse aggiuntive nelle mani dei/delle dirigenti per riconfigurare in modo flessibile l’assetto delle scuole autonome. In questa prospettiva si può osservare che il primo e più immediato utilizzo flessibile del personale in un’ottica dirigenziale riguarda il distacco delle figure con compiti organizzativi, la fascia alta della piramide e non la base (insegnanti declassati/e e sbattuti/e nella melma dei/delle tappabuchi). ll ruolo di insegnanti di classe non è per tutti oggetto di rivendicazione, ma verrebbe volentieri ceduto per compiti di maggior riconoscimento da chi ha ambizioni di carriera. Esiste quindi un problema di divisione del corpo docente che non si attesta solo sulla differenza tra docenti di classe e docenti su potenziamento, ma investe l’intero organigramma e va nella direzione di una redistribuzione gerarchica dei compiti.

 

Il punto è non lasciare la partita in mano ai/alle dirigenti, ostacolare il potere crescente che la L.107 concede loro, su questo non c’è dubbio, ma il primo obiettivo rimane quello di scongiurare il frazionamento della categorie per livelli. Non esiste contrattualmente alcuna distinzione tra docenti e non si può accettare che essa venga introdotta attraverso le pratiche di gestione dell’organico dell’autonomia.

 

A questo fine l’obiettivo non può che essere la redistribuzione delle ore di potenziamento tra i/le docenti della stessa classe di concorso e la riconfigurazione delle cattedre con un monte ore a disposizione limitato ma appunto distribuito tra tutti/e. Insomma meno classi/ materie per docente e meno ore per lo staff, un obiettivo di miglioramento delle condizioni di lavoro e insieme della qualità dell’insegnamento.

 

Essenziale rimane però definire una cornice di regole certa e condivisa per l’utilizzo delle ore a disposizione. Per compiti di compresenza, laboratoriali, progetti o quant’altro, bisogna affermare il vincolo della disponibilità individuale (da inserire anche in contrattazione di istituto) per tutelarsi dall’imposizione di compiti e funzioni non condivisi, mentre l’obbligo di lavoro deve riguardare solo la disponibilità a svolgere supplenze brevi secondo un orario settimanale definito. Deve rimanere fermo anche il vincolo già affermato in passato come principio di autodifesa riguardo alle ore di compresenza nella scuola primaria: le ore impegnate in attività deliberate collegialmente non possono essere dirottate a piacimento per la sostituzione di colleghi/e assenti. Sono queste solo alcune indicazioni di fondo che potranno trovare più specifiche e puntuali articolazioni.

 

Su questi temi dovrebbe riaprirsi la discussione “di base” tra colleghi/e, in particolare nei singoli dipartimenti dove convergono tutti gli/le insegnanti divisi/e per classi di concorso, con l’obiettivo di appropriarsi di un potere di indirizzo e di formulare proposte concrete per l’utilizzo condiviso delle ore di potenziamento. Il Collegio dei docenti – residuo vigente di un modello democratico di organizzazione della scuola - potrà esercitare la propria funzione deliberante e votare l’equa distribuzione delle ore di potenziamento come nuovo criterio per l’assegnazione dei/delle docenti alle classi.

 

Con la Legge 107 il passaggio alla scuola azienda è divenuto realtà molto più che nel passato. Il potere dirigenziale si misura con “risorse umane” da gestire e non solo da collocare nei posti prestabiliti. Si è aperto un nuovo spazio per la discrezionalità , la scelta di gestione, la diversificazione del livello e della retribuzione. La tutela del proprio posto in classe non può incidere su questo processo se non per cercare una salvezza individuale che assomiglia più a un “si salvi chi può” che a una lotta di resistenza.

 

Di fronte al potere dei/delle dirigenti e alla frantumazione della categoria dobbiamo innanzitutto pensare a processi ricompositivi, a ridefinire un discorso che permetta di comprendere almeno quella base della categoria che non si vuole piegare alla competizione e al carrierismo. Il principio guida è quindi quello dell’uguaglianza, del trovare ciò che ci fa uguali e che consente di fare corpo con la maggioranza dei docenti della/delle scuola/e. Bisogna guardare verso il basso per comprendere la direzione in cui muoversi , secondo la stessa idea che ha determinato la scelta di dichiararsi indisponibili a ricevere il bonus premiale.